Golden Retriever del Lago di Vico

sabato 9 ottobre 2010

1 anno senza Jazz

Un anno è passato, ma il dolore è sempre forte e ancora non riesco a farmi consolare dai bei ricordi, né a guardare le sue foto. Un anno cupo e duro in cui non sono riuscita a superare il trauma per una morte violenta e assurda, che ha mandato all’aria la mia vita. Ho dovuto imparare a vivere amputata di una parte di me, andando avanti come un automa, senza più riconoscermi.

Ho scritto tanto, in questi mesi, senza mai riuscire a raccontare qui cosa sia successo il 3 ottobre e nei giorni seguenti fino al 9. Oggi ci provo, per sputar fuori tutto il dolore che mi sta avvelenando, per ricordare fino in fondo quei terribili ultimi giorni, per esorcizzarli,  provare a chiuderli in un cassetto e non riaprirlo più.

Sabato 3 ottobre 

In un pomeriggio caldo come a giugno, i cani sul prato, io ad oziare guardando il lago, arriva la telefonata di Beatrice. “Andiamo a fare un giro ?” chiede e, in pochi secondi, si succedono pensieri diversi: ci siamo viste appena 2 giorni prima, ho un attacco di pigrizia… ma ai cani fa bene passeggiare… ok, andiamo!

Questo ultimo pensiero mi perseguiterà, dopo... un pensiero positivo verso i cani ha portato ad una tragedia. 

Propongo di andare sul monte Fogliano, visto che due giorni prima eravamo state sui Monti Cimini. 

Beatrice alleva Alani, ci siamo conosciute nel dicembre 2008, per quegli strani incroci del destino. Cercavo info per Mousse, dopo l'operazione al crociato, così scrissi nella ML Ortgogs Italia in cerca di consigli per la riabilitazione. Tra le varie risposte, quella di Beatrice che abitava in zona. Cominciarono così incontri e passeggiate e i nostri cani, seppur diversissimi, fecero facilmente amicizia. Jazz si innamorò subito di Fama e Galassia e i post dedicati  a loro raccontano due anni di gran divertimento.






La passeggiata sul Fogliano, fatta mille volte e in tutte le stagioni, spesso da sola o con qualche amico. Un lungo sentiero tra il bosco e i castagneti, dove i cani possono correre liberamente.
Di solito si incontra poca gente, raccoglitori di more o di funghi, qualche ciclista. Quel giorno invece c’era un via vai di macchine, ci siamo fermate spesso per tenere i cani, commentando quell'insolito traffico. Poi passa rombando un ragazzotto sul motocross, gli gridiamo “vai piano!” e quello ci manda al diavolo, urlando qualcosa sui cani. Stridio di freni, penso che stia per scendere in cerca di rissa e penso che con me e Bea avrà la peggio... invece prosegue e noi continuiamo questa strana passeggiata e poi un'altra macchina e sto per dire “non è giornata, torniamo indietro”.

Un'altro pensiero che si inchioderà dentro di me, stavi per dirlo e perché non l'hai detto e soprattutto perché non l'hai fatto ???? 

La passeggiata si conclude nel grande spiazzo dove sono accatastati i tronchi tagliati. Tornando dietro incontriamo altri cercatori di funghi, chi raccoglie le prime castagne cadute sul sentiero.
Manca un centinaio di metri al parcheggio, quando vedo Jazz camminare in modo strano. Gli trovo tra le zampe delle palline spinose che gli danno fastidio. Gliene tolgo un po' pensando “il resto con la spazzola a casa”, altri passi e poi lo vedo di nuovo strano, si ferma e comincia a tremare. Bea è un po' più avanti, mi guarda con aria interrogativa.. le convulsioni aumentano, Jazz cade a terra con la bava alla bocca, io urlo e Bea corre, io urlo e Bea corre a prendere la macchina. Poi le convulsioni si fermano, Jazz si alza e si mi ringhia, penso ad un attacco di rabbia per scacciare il pensiero che sia qualcosa di peggio. Chiamo il vet e quasi non riesco a parlare, “corri, è stato avvelenato !” lui mi dice che può arrivare in tre quarti d'ora. Arriva Bea e carichiamo i cani in macchina, io con Jazz in braccio che non si muove più, riesco solo a ripetere “oddio oddio”. Bea pensa di farlo vomitare con il sale, ci fermiamo al bar e mi ritrovo  distesa sull'asfalto con lui che vomita, poi di nuovo verso il vet, che non è ancora arrivato. Distesa per terra, continuano le convulsioni di Jazz, mormoro “corri, maledetto, oddio, corri sbrigati corri, maledetto”.
Il vet lo distende sul lettino, prepara la flebo, mentre fa una prima ipotesi “boccone con diserbante”. Gli sono capitati altri casi, perché in questo periodo, per tenere lontani i cinghiali dalle castagne, usano questi bocconi. “Il diserbante è caustico, brucia tutto...due cani non ce l’hanno fatta e uno sì” mi dice e io mi ripeto che Jazz deve farcela, anche se non riesco a guardarlo mentre cola dalla sua bocca liquido e sangue. Beatrice deve tornare al suo allevamento e allora chiamo Nella, per avere qualcuno vicino.

Nella è un educatore cinofilo, conosciuta nel 2006, con lei abbiamo partecipato ad una Puppy Class, dove Jazz ha fatto i primi passi nelle relazioni con gli altri cani. Giornate di divertimento e sorprese, così come quelle passate con la sua Labrador Petra, la prima e migliore amica di Jazz.







Passa il tempo e non cambia niente. Il vet consiglia un ricovero, troviamo un Pronto Soccorso a Roma e Nella mi accompagna. Guido io e lei mi sprona a correre, io ho paura di non essere lucida e di andare a sbattere. Restiamo in clinica il tempo delle prime cure, ma è giù tardi e non ci fanno restare. Andarmene fa male, ma mai come vederlo sul lettino, pieno di tubi e immobile.
Torno a casa come in trance, mentre Nella cerca di sdrammatizzare e io mi ripeto che no, non posso perderlo, è un incubo che non potrei sopportare.
Mi porto a letto un pelouche, sembra un cucciolo di golden, un regalo di due bambine per Jazz. Mi illudo di stare vicino a lui, di stringerlo, mi illudo che questo contatto e la forza del pensiero riesca a salvarlo. Dormo e non dormo, aspettando il suono del telefono per le notizie dal pronto soccorso.

Domenica 4 ottobre

Bea mi accompagna a trovare Jazz, la situazione non è cambiata e la dottoressa ci racconta degli esami fatti. Risultano danni al fegato e non ai reni, ma è ancora stordito e addormentato dal calmante fattogli dal mio vet per il trasporto a Roma.
La stanza dove sono ricoverati cani e gatti è piena di ansia, dolore e paura. Aleggia odore di medicina e di stress e io non riesco a pensare che lui debba restare lì e non si sa fino a quando. Prima di tornare a casa passiamo al campo di Nella, oggi inaugura la nuova sede e festeggia   con vari amici. Resto poco, non riesco a distrarmi, mi assilla il pensiero che oggi avrei potuto festeggiare il bel traguardo di Nella, ridere come altre volte guardando Jazz giocare con Petra. Torno a casa e so che Ciak e Mousse sentono quanto sia cambiata: non so se si chiedono dove sia finito Jazz, ma certo mi guardano con aria strana mentre telefono alle amiche per informarle, mentre urlo e piango e poi smetto per afferrarmi alla speranza.

Lunedi 5 ottobre

Quando sono entrata era ancora disteso nella gabbia, la vet mi ha detto che da stamattina c'era stato un miglioramento, si era svegliato e aveva camminato e mangiato un po'. Trovarlo sveglio mi ha dato una grande emozione, poi lo abbiamo fatto uscire in cortile e vederlo camminare, anche se incerto e con sbandamenti, mi ha fatto piangere di gioia. Mi ha scodinzolato, sì !!!! e l'ho riempito di baci e gli ho detto quanti amici lo stavano pensando e gli facevano coraggio.
La situazione clinica è ancora seria; ci sono danni al fegato, sembra meno ai reni, domani si saprà qualcosa di più sui polmoni. Non so se ci saranno anche danni neurologici, è ancora presto per valutarli perché è frastornato dal veleno e dalle anestesie. Ma oggi ha fatto un piccolo grande passo in avanti e io con lui !
Non mi importa se dovrà venir curato a lungo o se non potrà più lavorare, lo voglio solo a casa e prima possibile. Mi dicono che resterà lì minimo altri 3 giorni, spero di reggere all'ansia che mi toglie il respiro.

Martedi 6 ottobre

Dopo la speranza di ieri, oggi una doccia fredda; la situazione dello stomaco resta molto grave, per l'ispessimento delle pareti gastriche, l'ecografista mi dice che, se non avesse saputo del veleno, avrebbe pensato ad un linfoma.
Oggi Jazz camminava un po' meglio, mi ha fatto le feste e si è fatto coccolare, ma mentre ero con lui ha vomitato succhi gastrici e la vet gli ha fatto l'ennesima iniezione. Non possono farlo mangiare ed è già sceso a 25 chili.
Non si fanno più previsioni di quando potrà tornare a casa e questo mi angoscia anche perché è sicuramente dura per lui restare lì, in un posto pieno di rumori cittadini a cui non è abituato, di gente e caos e altri animali che si lamentano.
L'ho lasciato con il cuore a pezzi.. cerco di pensare positivo, cerco di reagire allo shock, cerco di cancellare le immagini tremende di quando ha avuto le convulsioni, cerco di reggere...
E poi cerco di continuare la vita normale, di lavorare, di occuparmi di Ciak e Mousse che sto trascurando.
Ma stasera sono proprio da raccogliere col cucchiano...

Mercoledi 7 ottobre

Oggi Jazz era molto mogio, non mi ha scodinzolato, non è voluto uscire dalla gabbia per fare due passi come ieri. Continuava a sbavare, ad evitare il mio sguardo, sembrava che le carezze gli dessero fastidio.
Mi dicono che alterna momenti di abbattimento a momenti un po' più vispi e certo vedendolo 1 ora al giorno non posso giudicare la sua condizione. 
Mi ripetono che la situazione dello stomaco non è cambiata, le pareti sono ancora molto spesse e lo stomaco è pieno di liquido, anche il piloro si è molto ristretto e per questo continua a vomitare. Da ieri gli danno il cortisone, olre ai gastroprotettori, antibiotici, medicinali contro il vomito e alimentazione con flebo.
 Hanno riscontrato anche un battito bradicarchico, cioè una riduzione del battito del cuore. 
Sono passati solo 4 giorni, ma mi sembrano anni... ormai mi sono rassegnata all'idea che sarà una storia lunga, finché non c'è qualche miglioramento nello stomaco non lo potrò portare a casa. So che non è il problema principale, ma anche il suo stato di stress mi preoccupa molto e quindi mi rattrista pensare a quanto tempo ancora dovrà stare chiuso lì e lontano da noi.

Giovedi 8 ottobre

Lo vado a trovare 2 volte, la mattina viene anche Ilaria per provare ad alleviare dolore e stress con il TTouch.
Jazz non si alza dalla gabbia, non dà segni di riconoscermi, Ilaria lo massaggia e poi mi dice “mi sa che ne avresti bisogno anche tu.”. Torno poi nel tardo pomeriggio, alle 18,30, c’è un traffico infernale e una coda che sembra non sbloccarsi mai. Riesco a trovare parcheggio e corro verso il pronto soccorso.
Jazz è peggiorato, i medici non capiscono perché i farmaci non facciano nessun effetto, continua a vomitare e ad avere diarrea. L’unica soluzione è effettuare la laparatomia, cioè apriranno la pancia per vedere che sta succedendo. viste le sue condizioni, è anche a rischio anestesia, ma non si può far altro, questa è l'ultima speranza. Prima di andare via devo firmare il consenso e mentre vado verso la segreteria Jazz mi segue, sembra proprio dirmi “portami via con te”. Il cuore va in pezzi, lasciarlo ancora una notte lì è straziante, cerco di farmi forza pensando che l’operazione di domani servirà a trovare una soluzione. La notte è piena di incubi e di speranza che resiste contro ogni logica.

Venerdi 9 ottobre

Mi sveglio presto pensando di andare da Jazz mentre lo operano. Il telefono squilla alle 9, una voce maschile, poche parole per dire che Jazz non ce ‘ha fatta, un arresto cardiaco prima dell’operazione.
Il mio NOOOOO è un urlo senza fine che rimbomba sul lago e sul Fogliano, il monte maledetto che me l’ha portato via. E’ un urlo che continua e mi spacca il cuore. Mi avvolge poi un senso di irrealtà, “NO, NON PUO’ ESSERE SUCCESSO !”
Mi aggrappo al telefono per non crollare, sento il mio dolore diventare quello di Bea, Nella, Meri, Sabrina, Liliana, Gian Luca, Alessandra, Emanuela… arrivano Nella e Bea e sono i loro primi abbracci a non farmi crollare del tutto. Voglio andare subito a prendere Jazz, ma i medici che l’hanno curato mi chiedono se possono fare ugualmente la laparotomia, per capire cosa sia successo e, in futuro, aiutare meglio altri cani nelle stesse condizioni. Anche se l’idea mi angoscia “E A CHE SERVE ORMAI, E’ TUTTO INUTILE!” capisco che sia importante e do il consenso. 
Nella e Bea mi richiamano alle cose pratiche da fare, bisogna chiamare qualcuno per scavare la fossa… in quell’ora sentivo i colpi di vanga e sentivo che mi colpivano, uno dopo l’altro, mentre mi susseguivano le telefonate e io non riuscivo più a dire niente. Il viaggio verso Roma è un incubo, tra lacrime e senso di irrealtà, tra l’assurdo desiderio di svegliarmi e vederlo accanto a me, l’assurda voglia di tornare indietro a quel giorno maledetto e dire a Bea “no, oggi non mi va di uscire.”
Al Pronto soccorso arriva Liliana, una delle mie più care amiche, ma anche il suo abbraccio non riesce a contenere la mia disperazione. Dobbiamo aspettare e in un attimo rivivo tutti quei giorni in cui ho sperato che si salvasse, immaginando quanto abbia sofferto, tra il dolore fisico e la paura di ritrovarsi all’improvviso in una gabbia, in un luogo sconosciuto, lontano da me, dai suoi parenti pelosi, dal giardino e dal lago.
Una delle dottoresse mi dice, con le lacrime agli occhi, che il diserbante aveva bruciato tutto l’apparato digerente, non c’era proprio niente da fare per salvarlo.
Quando me l’ho portano sulla barella, coperto da un lenzuolo, ho quasi paura a guardarlo, perché so che quell’immagine mi resterà per sempre nella mente e nel cuore e mi costringerà a prendere atto della realtà. Scosto il lenzuolo dl muso, lo accarezzo, la tremenda sensazione di freddo e dl duro, di un’immobilità assurda per un esuberante come lui. “MUOVITI, CHICCO MIO, MUOVITI!” urlo e poi le amiche mi portano via.
Il viaggio di ritorno passa tra le braccia di Liliana, mi ha portato dei calmanti e per qualche minuto riesco ad annullare la mente, a non pensare a niente e ad annullare il dolore. Ma la realtà è più forte e le lacrime non si fermano.
Ci pensano Nella e Bea a sotterrare Jazz, impedendomi di guardare per non farmi disperare ancora di più. Riesco solo a prendere il pelouche con cui ho dormito e a farglielo mettere accanto. Liliana mi tiene ferma mentre sento che stanno sotterrando anche me.
La giornata passa tra telefonate e lacrime e urla. Un amico medico mi dà il Valium, mi spingono a dormire ma non ci riesco, vorrei solo staccare il cervello e il cuore.
La sera ci raggiunge Manuela, altra amata amica e con lei e Liliana provo a “distrarmi”, ascoltando le loro chiacchiere. Ma è come se fossi un automa, che si muove e parla in automatico, senza una vera volontà.
La sera prendo il Valium mormorandomi “sprofonda sottoterra con lui”. La micia Tris mi massaggia la schiena.








I primi giorni non riuscivo nemmeno a guardare dove dorme per sempre. Le giornate scorrevano tra lacrime e ricordi, ma quello sempre in prima fila era dell’ultimo giorno che ho visto Jazz, che voleva venir via con me e invece l’ho lasciato lì. Voleva venire perché sentiva che ormai mancava poco ? perché non voleva aver come ultima immagine una gabbia e degli estranei ?
C’è voluta una gran forza per avvicinarmi alla sua tomba, prendere atto della realtà mentre una parte di me si era rifugiata nell'incredulità. Il 25 ottobre è venuta Beatrice e insieme abbiamo piantato una Golden Celebration, una rosa inglese con fiori di un giallo caldo e brillante, in una zona del giardino dove c’erano altre piante: una Mutabilis, un Callistemon, una Buddleia Marrubifolia.
Nei giorni seguenti ho sistemato l’aiuola di Jazz. E’ stata l’unica terapia possibile: le lacrime si mescolavano alla terra mentre toglievo le infestanti, la rabbia si sfogava a colpi di zappa, il dolore era nero come il telo steso sopra la terra…
Ho aggiunto una Santolina, un Rosmarino, una Hebe e 2 Cotoneaster Dammeri. 
Accostamento di forme e colori forse non sono da manuale del giardinaggio, è stata una scelta d'istinto, tra colori che rendessero l'aiuola piacevole, con il desiderio che Jazz fosse circondato di colori per tutto l’anno.

ottobre 2009





ottobre 2010

I primi boccioli della Golden Celebration sono comparsi alla fine di aprile del 2010.


Il primo bocciolo per ricordare quando Jazz arrivò a casa, nell'ottobre del 2007. Un cucciolo allegro e affettuoso, con una gran voglia di farsi amare.


Un bocciolo per ricordare il suo primo anno, pieno di momenti allegri e felici, di corse nei boschi e nuotate nel lago.


Un bocciolo per ricordare il tempo trascorso nell'educarlo e addestrarlo, per farlo diventare un bravo cane da Pet Therapy.


Un bocciolo per ricordare i mesi in cui ha lavorato, con disabili e anziani, donando calore e sorrisi.
Tanti boccioli per ricordare i momenti di allegria e dolcezza con cui ha colorato la mia vita per 2 anni, sepolti ormai sotto una montagna di dolore.
Ci si racconta tante assurdità per arginare il dolore, ci si avvolge in pensieri surreali per non ascoltare quelli reali.
"Da qui Jazz può vedere il lago, che all'inizio gli faceva paura e infatti ce ne ha messo di tempo prima di nuotare come si conviene ad un vero Golden..."


I ricordi arrivano come una tempesta, fanno male e portano solo a sentire più acuta la sua mancanza. 
Come scrive Edgar Morin: “La scomparsa di una persona cara si trasforma in una presenza ancora più intensa, una presenza muta e continua che ci colpisce profondamente, facendoci continuamente soffrire.”

I miei 4 zampe mi hanno aiutato molto. Non so cosa abbiano capito, se possono sentire la mancanza di Jazz. Ma mi vedono e sentono diversa e mi stanno sempre vicino. Dopo aver visto gli effetti benefici della Pet Therapy nei vari pazienti incontrati in 8 anni, sono io adesso a farmi curare da Ciak e Mousse. Ma la migliore terapista si rivela Tris: passa il tempo sulle mie ginocchia quando sono al computer, mi si spalma addosso quando mi sdraio, dorme attaccata a me e mi fa addormentare con il suono delle sue fusa. Per tutto l’inverno ho fatto sedute di “gatto-terapia” che mi hanno aiutato a sentire meno gelo dentro di me.

Il primo fiore è sbocciato il 9 maggio, esattamente 7 mesi dopo la sua morte. Si può pensare al caso o interpretarlo come un segno; "Eccomi" dice Jazz con questo primo fiore "sono qui con te e ci resterò per sempre."




A volte mi siedo lì, sul tronco tondo accanto alla rosa. Poso la mano sulla terra facendo una carezza a Jazz. Le lacrime arrivano subito e non resisto a lungo. A volte è Mousse che viene con un gioco per farselo lanciare





o la gatta Tris che fa qualcosa di buffo e mi distrae


a volte è Ciak, che ha compiuto 13 anni, a ricordarmi che non abbiamo più molto tempo per stare insieme.


So che quando lui se ne andrà, il dolore sarà atroce; ma sarà possibile accettarlo come la fine di una bellissima e lunga vita e ci saranno tanti splendidi ricordi a tenermi compagnia. 
Purtroppo la morte – l’assassinio - di un cane giovane è davvero dura da accettare; i ricordi non riescono a consolarmi, anzi, alimentano il dolore e la nostalgia, la rabbia per la sua ingiusta e crudele morte avvelena i pensieri.

E’ 1 anno che la mia vita è radicalmente cambiata.
Niente più passeggiate con i cani, niente più lavoro in Pet Therapy. Vince la paranoia che se li porto in giro possa succedere qualcosa di orrendo, vince la tristezza che mi impedisce di andare dai pazienti, perché forse con loro potrei fingere di star bene, ma Mousse sente benissimo quanto sia triste e non riuscirebbe a lavorare con gioia.

E poi una profonda tristezza: non avrò più un figlio maschio di Ciak a consolarmi quando lui se ne andrà. I primi giorni sono andata così fuori di testa da chiedere a Meri se uno dei proprietari dei fratelli di Jazz potesse darmelo…
Non ho potuto dar retta a chi mi consigliava di prendere subito un altro cucciolo. So che avrei cercato Jazz in ogni altro cane e sarebbe stato un grave errore. Non era stata una scelta facile prendere un terzo Golden, per le difficoltà di gestirne 3 da sola, per la paura di non farcela. Ma poi aveva vinto l'entusiasmo, la voglia di continuare nelle attività di Pet Therapy e, nonostante la fatica, non me n'ero pentita. Ma ora, senza passione, gioia e pazienza, mi sembra ancora impossibile ricominciare daccapo con un altro cane.

Accanto al dolore una gran rabbia, ripensando a tutto quello che ho fatto per avere Jazz. I 3 viaggi all’allevamento del Sogno Antico, la prima volta per far accoppiare Ciak, poi per scegliere il cucciolo e poi per andarlo a prendere, nell’ottobre del 2007. La sua convivenza con i parenti pelosi e la micia, gli sforzi e l'impegno per ricominciare l'avventura della 
preparazione come cane da Pet Therapy, la gioia per i primi risultati, la voglia di migliorare e andare avanti.
In questo anno ho cercato di non interrompere il mio rapporto con l’ANUCSS, ma ogni volta che andavo al Centro mi travolgeva una valanga di ricordi strazianti – lui che entrava nel campo e faceva da solo il percorso di agility – e tornavo a casa stando peggio di prima. Ho provato a mantenere i contatti con il mondo cinofilo, partecipando a stage e corsi con Mousse; ma non sono riuscita a ritrovare gioia e passione come un tempo. 


Con Jazz mi ero impegnata più che con gli altri, scoprendo il suo carattere meraviglioso, molto dolce e socievole per essere un maschio. Voglia di imparare tanta, anche se si stufava presto se il gioco si ripeteva troppo, quindi pause e cambiamenti continui per non perdere la sua attenzione. Era molto espansivo, a volte troppo, il vizio di saltare addosso a tutti per baciarli non ero ancora riuscita a toglierlo del tutto, al lavoro con gli anziani dovevo stare attenta che non salisse sulle loro ginocchia.
Jazz, come terzo arrivato, sapeva che c’era una gerarchia da rispettare, ma faceva di tutto per mettersi in mostra, catturare attenzione e coccole, sgomitare per farsi notare tra Ciak e Mousse.
Spuntano certi assurdi pensieri, dopo che qualcuno non c’è più: spesso penso che tutta questa sua gran voglia di coccole e giochi fosse come una consapevolezza di non avere molto tempo da vivere. 

Il dolore è una bestia feroce e crudele. Ha ululato lacerandomi il cuore, mi ha artigliato i pensieri, mi ha azzannato ogni istante, nei primi mesi. Poi si è acquietata, ha scavato una buca dentro di me, si è acciambellata lì, con tutto il suo peso. Certe volte sembra dormire, ma appena penso che si sia allontanata, ruggisce all’improvviso e mi spaventa. Sta lì ad aspettarmi ad ogni risveglio, come una belva più o meno furiosa. E mi morde e non è una metafora, sento un colpo al cuore come quando inizia la discesa più ripida delle Montagne Russe. La belva mi dice “Ti devi abituare a me, non andrò mai via !”

Oggi è 1 anno, chicco mio, la tua rosa è ancora piena di boccioli, l’aiuola colorata davanti al lago è la parte più bella del giardino, anche se è la più triste.
Il vento che smuove le rose mi ricorda il tuo scodinzolio, il giallo brillante la tua gioia di vivere.